3.3 - L'effetto leva e i future: capitale operativo e capitale d'impresa

Inviato da admin il Mar, 02/08/2011 - 01:17 - Modificato da gabriele.vivinetto on Mer, 02/23/2011 - 17:39

I futures sono contratti standard e quindi negoziabili e, a differenza di quelli personalizzati (over the counter) che per la loro eterogeneità non sono scambiabili sul mercato, vengono negoziati nei mercati regolamentati. Nella prassi finanziaria esistono delle regole nella negoziazione e nella creazione di questi strumenti finanziari.

Ad esempio, la Borsa crea dei futures e solo quelli vengono negoziati, cioè non si possono creare future aggiuntivi (cosa che invece è possibile per i forwards). Sono strumenti molto standardizzati: ogni elemento del contratto è definito in un contratto standard e le controparti non possono modificarlo. Acquistare futures significa impegnarsi ad acquistare alla scadenza ed al prezzo prefissati l’attività sottostante.

Questa può essere sia un'attività reale, ad esempio una commodity (grano, oro, metalli, caffé, etc.) sia un'attività finanziaria. In quest'ultimo caso si parla di financial futures, i cui sottostanti possono essere, ad esempio, una valuta (currency futures) o un indice borsistico. In estrema sintesi, questi contratti standard chiamati appunto futures, ci permettono di acquistare o vendere un indice di borsa, esattamente come si fa con un titolo azionario. In modo analogo, si possono acquistare a vendere contratti futures sull'oro, sulle valute, sulle materie prime e così via.

Aiutiamoci con un esempio: chi volesse investire sull'indice S&P MIB, può acquistare o vendere un contratto future che ha come sottostante l' S&P MIB appunto. In particolare, presso il mercato dei derivati di borsa italiana, chiamato idem, sono quotati due tipologie di contratti future basati sull'indice S&P MIB: il contratto standard e il mini dove la differenza tra i due sta nella dimensione e quindi nel valore del contratto.

Iniziamo con il mini, più semplice da comprendere poiché assegna il valore di un euro ad ogni punto dell'S&P MIB (moltiplicatore=1). Se quindi oggi l'indice è a 30.000, il contratto mini S&P MIB avrà un valore di € 30.000. Per acquistarlo, grazie al meccanismo del margine di garanzia, non è tuttavia necessario versare per intero la somma, ma solo una parte della stessa detta appunto margine di garanzia. Se per esempio si opera in intraday, bastano circa € 1.500 come margine depositato. Quindi, a patto che si chiuda la posizione entro i 30 minuti precedenti la chiusura delle contrattazioni, si riescono a manovrare € 30.000 disponendo soltanto di € 1.500.

Se invece si vuol tenere aperta la posizione anche dopo la chiusura delle contrattazioni (overnight), quindi per due o più giorni, è necessario versare un margine più elevato, pari a circa il 7,5% del valore del contratto. In realtà, le richieste dei margini variano a seconda del broker tramite il quale si acquistano e vendono i futures, ma le cifre sono abbastanza standardizzate.

Il problema e la pericolosità dei futures sta proprio in questo meccanismo del margine di garanzia, che spesso trae in inganno gli investitori incauti e scarsamente informati. In pratica, il valore di ciò che si è acquistato o venduto è proprio di € 30.000, non di € 1.500 come alcuni sono portati a pensare.

E' questa la causa di tutti i problemi, del fatto cioè che si possano perdere molti più soldi di quelli investiti. Facciamo l'esempio di aver acquistato un contratto a 30.000, che ha quindi il valore di € 30.000 anche se noi abbiamo messo solo € 1500: se l'indice scende a 28.000 nel momento in cui rivendiamo il contratto questo avrà un valore di € 28.000 e la nostra perdita sarà pari a € 2000, anche se il margine di garanzia depositato era solo pari a € 1500.

I contratti futures permettono di investire al rialzo o al ribasso indifferentemente. Se, quindi, ho venduto il contratto 30.000, che ha quindi il valore di € 30.000 anche se il margine di garanzia rimane pari a € 1.500 e l'indice sale a 32.000, nel momento in cui lo riacquisteremo per chiudere la nostra posizione al ribasso, la nostra perdita sarà di nuovo pari a € 2.000, anche se il margine di garanzia depositato era solo pari a € 1.500.

Chiaramente l'intermediario finanziario non aspetta che il valore della perdita potenziale superi quello del margine depositato e ci chiamerà per reintegrare lo stesso, con la cosiddetta margin call, nel momento in cui questo è stato eroso dalle perdite potenziali. In quel momento, si potrà decidere di reintegrare i margini di garanzia con un altro versamento in contanti o liquidare la posizione prima che lo stesso margine sia completamente esaurito.

Talvolta, come immaginerete, i movimenti dei mercati sono così rapidi e repentini da non permettere che si abbia nemmeno il tempo di liquidare la posizione in perdita oppure reintegrare il margine di garanzia, portando le posizioni aperte ad avere perdite ben superiori agli stessi in pochi istanti. Ciò è tanto più vero e probabile quanto più esigui sono i margini depositati a garanzia rispetto al valore del contratto.

E' intuitivo che questo effetto di amplificazione possa anche giocare a nostro favore, nel caso in cui le nostre posizioni si muovano nella direzione sperata. E' per questo che i derivati offrono potenzialità di guadagno molto elevate, ma anche possibilità di perdite che possono portare conseguenze molto gravi. Un modo per avere ben presente il tipo di transazione che si sta facendo è quello di non farsi confondere dal margine di garanzia.

È quindi importante avere ben presente che si stanno investendo, per seguire l'esempio di prima, € 30.000 e non € 1.500, come potrebbe sembrare. Questo elemento da solo dovrebbe aiutare gli investitori a comprendere e meglio valutare i rischi che stanno assumendo. Purtroppo molto spesso è facile dimenticare tutto ciò e ritrovarsi a pensare di rischiare soltanto il margine di garanzia che si è versato.

I trader professionisti evitano di eccedere nell'utilizzo di questo strumento, cercando sempre di avere una disponibilità liquida pari o addirittura superiore al valore del contratto, anche se quella che viene versata con i margini di garanzia è chiaramente minore. Questo metodo di money management permette di avere ben presente la reale entità dell'investimento che si sta attuando, senza farsi ingannare dall'apparente esiguità dello stesso.

Il mio consiglio, per chi decide di operare con i contratti futures, è esattamente lo stesso, ossia quello di avere una disponibilità liquida pari al valore del contratto. Se quindi decidete di acquistare o vendere un contratto mini legato al nostro indice S&P MIB, sarà opportuno avere una disponibilità liquida pari al valore dello stesso, quindi nell'esempio sopra a € 30.000.

Veniamo ora al contratto standard, che ha un moltiplicatore pari a cinque. Ciò significa che ogni punto dell'indice S&P MIB vale cinque euro. Quindi se oggi l'indice è a 30.000 punti, il valore del contratto sarà pari a € 150.000 e i margini di garanzia richiesti sono € 5.000 per l'intraday e il solito 7,5% circa per le posizioni tenute oltre la chiusura. In questo caso sarà importante non dimenticare che si stanno investendo € 150.000 è non € 5.000, cosa che potrebbe essere altamente fuorviante e fonte di rischi enormi.

Chiarito tutto questo è importante comprendere come gli strumenti siano effettivamente molto comodi, proprio per il fatto che permettono di investire, ad esempio, su un intero indice, senza bisogno di acquistare i singoli titoli che lo compongono. Non esistono poi solo i futures sugli indici, ma anche quelli sui titoli di Stato, come ad esempio il Bund, poi ci sono quelli sulle materie prime, come ad esempio il petrolio e così via. Un altro vantaggio sta negli esigui costi di intermediazione, poiché le commissioni sui futures sono solitamente inferiori a quelle praticate dagli intermediari sulle azioni. La cosa importante resta comunque la piena comprensione dell'effetto leva, ossia del meccanismo del margine di garanzia, e dei rischi ad esso legati.

Per questo è importante capire pienamente le caratteristiche di ogni contratto future prima di decidere di investire in questi strumenti. In modo analogo si possono estendere i concetti esposti al trading azionario e a quello sulle valute (FOREX). Nel proseguo di questo lavoro ci si riferirà all'effetto leva, utilizzando il concetto di moltiplicatore del capitale operativo, esempio: un capitale operativo pari a 1.000€ mi permette di operare in leva 10 su un capitale di impresa pari a 100.000 €.

Deve essere quindi chiaro che sul capitale di impresa si deve sempre operare in leva 1, ossia il massimo controvalore della posizione aperta non deve mai superare quello del capitale d'impresa, mentre il capitale di trading deve essere impiegato alla massima leva consentita perché ci permette di non versare e quindi immobilizzare sul conto trading tutto il nostro capitale d'impresa, che potrà così essere a sua volta utilizzato in investimenti privi di rischio, come ad esempio titoli di stato o pronti contro termine.